GIANGIACOMO D'ARDIA
Giangiacomo D'Ardia
Negli anni ’60, D’Ardia ha mosso i primi passi
nel mondo professionale, lavorando su una vasta gamma di progetti, dai grandi
edifici pubblici alle intime abitazioni private, fino alla progettazione di
interi spazi urbani. Il suo lavoro si è sempre distinto per un approccio
concettuale e sperimentale, caratterizzato da un uso innovativo dei materiali e
da una grande attenzione al dettaglio. Nonostante non abbia potuto prendere
parte attivamente ai movimenti studenteschi a causa degli impegni militari come
sottotenente di Artiglieria da campagna, Giangiacomo D’Ardia ha iniziato la sua
carriera professionale come architetto negli anni Sessanta. Inizialmente, ha
collaborato con alcuni ex compagni di università, ma ben presto ha intrapreso
un sodalizio più duraturo con Dario Passi. Insieme, hanno lavorato a importanti
progetti come quelli per le università di Firenze e Cagliari e per i centri direzionali
di Perugia e Firenze.
Il riconoscimento internazionale è arrivato
nel 1984, con l’assegnazione del prestigioso Leone d’Oro alla Biennale di
Venezia. Questo premio ha consacrato D’Ardia come uno dei maggiori esponenti
dell’architettura italiana del suo tempo. Nel 1985, insieme ad Ariella Zattera
e Teresita D'Agostino, ha vinto il prestigioso Leone di Pietra per il progetto
del nuovo Museo di Arte Contemporanea a Ca' Venier dei Leoni.
I suoi lavori sono stati esposti in numerose
mostre, tra cui le Biennali di Venezia e la mostra "Dibuixos de
Architects" a Barcellona. D'Ardia si è sempre interessato alla ricerca
teorica e alla divulgazione. È stato direttore di diverse riviste
specializzate, tra cui "Piano Progetto e Città", e ha pubblicato
numerosi saggi e articoli su temi legati all'architettura, al paesaggio e
all'urbanistica. I suoi scritti sono apparsi su prestigiose riviste
internazionali come "Casabella", "Domus" e
"Architecture d'aujourd'hui
L’incontro con Ariella
Zattera e una nuova fase creativa
Un incontro fondamentale
per la sua carriera è stato quello con Ariella Zattera, avvenuto a Venezia in
occasione della prima Mostra Internazionale di Architettura della Biennale nel
1980. Da questa collaborazione è nata una proficua partnership che ha portato
alla realizzazione di numerosi progetti, spesso incentrati sulle città di Roma
e Venezia.
Insieme ad altri
colleghi, D’Ardia ha partecipato alla XVII Triennale di Milano con il progetto
della Foresteria per i deputati al Parlamento. Negli anni successivi, la
collaborazione con Zattera si è concentrata sullo sviluppo di progetti per
centri minori, con l’obiettivo di valorizzare le specificità di questi contesti
e di promuovere un’architettura attenta al territorio.
Scuola di Pescara e l’attenzione al paesaggio
Sotto la guida di
Giangiacomo D'Ardia, la Scuola di Pescara ha rivoluzionato il modo di concepire
l'architettura. Anziché limitarsi a progettare edifici isolati, gli architetti
formatisi a Pescara hanno sviluppato una profonda sensibilità per il contesto
territoriale e il paesaggio circostante. L'architettura, secondo questa scuola,
non è un elemento estraneo al territorio, ma deve integrarsi con esso,
valorizzandone le caratteristiche e dialogando con la natura.
Un'attenzione particolare
è stata dedicata ai temi della sostenibilità ambientale e sociale.
L'architettura, per la Scuola di Pescara, deve rispondere alle esigenze delle
comunità locali, minimizzando l'impatto sull'ambiente e valorizzando le risorse
naturali.
Inoltre, gli architetti
pescaresi hanno sempre creduto nell'importanza del patrimonio culturale come
elemento identitario di un luogo. Molti dei loro progetti sono stati dedicati
al recupero di edifici storici e al riuso creativo di aree dismesse, contribuendo
così a valorizzare il passato e a renderlo parte integrante del presente.
Infine, D'Ardia ha sempre
sottolineato il ruolo dell'architettura come linguaggio. Gli edifici, secondo
lui, non sono solo strutture funzionali, ma veicoli di significati e valori.
L'architetto ha il compito di utilizzare questo linguaggio in modo consapevole,
creando spazi che emozionino e migliorino la qualità della vita delle persone.
“Ma prima di tutto occorre ristabilire l’importanza del
visibile, perciò occorre imparare nuovamente a disegnare”.
Il disegno: cuore
pulsante del lavoro di D'Ardia
Nel lavoro di Giangiacomo
D'Ardia, il disegno non è solo uno strumento tecnico, ma un vero e proprio
linguaggio che permea ogni fase del processo creativo. È grazie al disegno che
l'architetto è in grado di scomporre la complessità del reale e di comprendere
a fondo il luogo su cui intende intervenire. Attraverso schizzi e
rappresentazioni grafiche, D'Ardia riesce a individuare le relazioni tra gli
elementi del contesto, a coglierne le potenzialità e a definire una strategia
progettuale coerente. Ma il disegno non è solo un mezzo di analisi, è anche uno
strumento di sintesi potente. Grazie alle rappresentazioni grafiche, D'Ardia è
in grado di comunicare in modo efficace la sua visione ai colleghi, ai
committenti e al pubblico, rendendo comprensibili anche i progetti più
complessi. Inoltre, il disegno è uno strumento fondamentale per lo sviluppo del
progetto architettonico. Attraverso una serie di schizzi e bozzetti, D'Ardia
esplora diverse soluzioni progettuali, confrontandole e affinandole fino a
trovare quella più adatta al contesto e alle esigenze del cliente. Infine, il
disegno è un linguaggio universale che supera le barriere culturali e permette
di coinvolgere i cittadini nel processo di progettazione. Grazie alle
rappresentazioni grafiche, è possibile creare un dialogo costruttivo e
partecipato, favorendo una maggiore consapevolezza e un più ampio consenso
attorno ai progetti.
Poetica e Opere
La poetica di Giangiacomo
D'Ardia si articola attorno a una visione complessa e stratificata
dell'architettura, in cui il passato è ridotto a pretesto figurativo piuttosto
che a riferimento diretto. L'approccio astorico, condiviso con A. Zattera, si
esprime attraverso un dialogo tra il frammento piranesiano e il minimalismo
americano, creando un classicismo che si presenta in una forma frammentaria e
dissonante.
“fa parte del piano delle 25 chiese
introdotto dal Cardinal Montini anni addietro”
La chiesa è particolare
per la messa in pratica dei temi di leggerezza portati avanti da G. tramite la
copertura, realizzata a mezzo id una carena rovesciata e sorretta da un mikado
di profilati in acciaio.
Il tema del recinto invece viene sostituito dal sagrato.
Dettagli decorativi: Anche se non ostentati, ci sono elementi
decorativi che richiamano la tradizione, come affreschi e stucchi.
Domande
Questa tendenza a minimizzare le decorazioni materiali per favorire una spiritualità più intima e spontanea è stata influenzata da richieste del Cardinal Montini?
Ho notato infatti che
altri interventi di questo filone, come la chiesa di San Francesco d’Assisi di
Ignazio Gardella, la chiesa della Madonna dei Poveri di Figini e Pollini, e la
chiesa di vetro di Mangiarotti e Morassutti, condividono una grande sperimentazione
espressiva per raggiungere la sfera intima senza ricorrere a trasformare la
chiesa in una galleria.
Durante un corso con il professor Purini, sono rimasto colpito dai suoi disegni, che riflettono un'energia espressiva nell'architettura, che credo trovi l’archetipo nei disegni di Boulle e Laugier; poi confrontandomi con le sue opere ho potuto vedere che Purini non era assolutamente l’unico a ragionare in questi termini, questo mi ha fatto chiedere da dove derivasse questa "scuola".
Infatti, nei corsi
universitari, soprattutto odierni, Purini ci ha parlato di Sacripanti, questa
dimensione non viene mai esplorata, eppure rimane lì.
E più viene ignorata
nelle aule più si sviluppa al i fuori di queste, in quell’informalità che
secondo me è terreno fertile dell’arte.
3° domanda
In che modo il disegno le
ha permesso di sviluppare una comprensione così profonda del contesto
territoriale nei suoi progetti? Può farci un esempio concreto?
Fonti:
https://archiwatch.it/2022/11/23/giangiacomo-dardia-il-foglio-bianco-2/
https://accademiasanluca.it/accademici/archivio/d-ardia
IMG chiesa
http://venezian.altervista.org/Disegno_e_immagine/45._UN_MUSEO_IRRAGGIUNGIBILE_27.04.2020.pdf
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